Prendo spunto per aprire questo corsivo da una frase di Marx ben nota, spesso abbreviata semplicemente in “La religione è l’oppio dei popoli”. Perché Marx ha usato proprio l’oppio come metafora? Che effetti ha l’oppio? Prima si va in stato euforico, poi in condizione di serenità e sonnolenza piena di sogni, dove l’immaginario si confonde col reale, si attenuano gli stimoli esterni e le sensazioni sgradevoli. Aumentando uso e dosi però il distacco dalla realtà aumenta a dismisura. In pratica l’oppio permette di distaccarsi dalla realtà e di entrare in un mondo alternativo in cui gli stimoli esterni sgradevoli vengono attenuati e si ha un appagamento fittizio.
In pratica, anziché soddisfare realmente i proprio bisogni, ed esercitare i propri diritti aggiungerei, chi dipende da una religione trova in essa un punto di appoggio e sfogo – rilassandosi e smettendo così di lottare per sé. Citando ancora Marx: “La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso”. Nello stesso passo la religione viene chiamata “illusoria felicità del popolo”.
Una felicità comoda a chi ha il potere: un popolo oppresso, infelice, privato della soddisfazione dei suoi diritti fondamentali è instabile, inquieto e difficile da tenere sotto controllo. Se invece il popolo è felice, difficilmente tramerà per rovesciare il sovrano, il vescovo o il ricco, come nella celebre canzone di Dario Fo: “Noi villan… E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re fa male al ricco e al cardinale diventan tristi se noi piangiam”. Povero contadino, plagiato e così inconsapevole dei suoi diritti di essere umano!
È stato il Concilio di Nicea (325), voluto da Costantino, a “costruire” il cattolicesimo che, con relativamente poche modifiche, è professato ancora oggi da un numero molto elevato ma non troppo chiaro di persone (la chiesa di Roma conta come cattolici tutti i battezzati, ma sono molti a battezzare i figli per abitudine e non per convinzione e se uno in età adulta operasse una scelta religiosa differente certo la chiesa non lo cancellerebbe da quella lista – per farlo occorre fare istanza di sbattezzo, ne parlerò in futuro). Ma Costantino era armato di reale e sincero fervore religioso, o da altri intenti? Lui aveva un grosso impero da governare, un impero che già iniziava a risentire di molti problemi. Una religione del genere poteva dargli una grossa mano! “Il regno dei cieli, non nasce dalla terra, viene dal cielo, e si attua nel cuore dell’uomo”: molto comodo per chi ha il regno della terra, no?
Voglio però terminare questo breve corsivo in controtendenza. Se un certo marxismo può portare, classicamente, all’ateismo, al rifiuto di qualsiasi spiritualità, in realtà il vero avversario è la visione di Costantino: l’utilizzo della religione come droga, come strumento di controllo. Un po’ quello che oggi sono i reality e certa televisione, certi modelli della società che portano ad ottenere soddisfazioni in cose effimere e non nella concretezza dell’attuazione di diritti reali con risposte reali. Una religione organizzata, che porta l’essere umano ad astrarsi da sé e dal mondo, come droga crea un’illusione che impedisce di guardare sé stessi e mantenersi al centro. Nonostante questo, anche mantenendo coscienza di sé come essere sociale, dotato di diritti e doveri, l’essere umano è complesso e ha bisogno (certo, chi più chi meno) di “spiritualità”, così come un poeta ha necessità di esprimersi in versi, o un letterato di inventare storie e mondi, o un musicista di creare arie e melodie… Questa non deve far dimenticare mai sé stessi, come non deve farlo una poesia, un libro o una canzone.
NB: riprendo questo mio articolo scritto quasi cinque anni fa perché qualche giorno fa ho avuto una discussione con una persona proprio sull’incompatibilità presunta di essere comunista e avere una vita spirituale.
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