An it harm none, do as ye will

Potere e rispetto

Stavo recentemente ragionando sullo scandalo del produttore di Hollywood che avrebbe costretto decine di attrici a concedere favori sessuali in cambio di favori professionali… e a tutto quello che ne è uscito fuori (battute facili a parte tipo “eh, ma lo sapevano tutti”).
In sostanza vedo molta gente che esprime pareri sull’argomento, condannando il produttore, lamentandosi che è questo sistema spinge agli estremi chi vuole avere successo e che tira fuori il peggio delle persone; ma c’è anche chi, pur condannando la cosa, dice che tutto sommato è stata una scelta delle persone sottomesse perché in qual modo hanno poi avuto dei vantaggi, delle scorciatoie, delle preferenze e chi punta il dito sul fatto che anche solo l’idea che qualcuno possa imporre una simile scelta è di per sé una violenza.
Astraendomi un attimo dallo specifico credo che il problema sia più generale e abbia a che fare con il senso di “impunità” e “potenza” (termini non esattissimi) che dà l’essere in una posizione “maggioritaria” (di potere per qualsivoglia motivo, dal bere a monte nel ruscello ad essere l’Imperatore della Cina). E credo che sia qualcosa di talmente insito nella mente umana, forse cablato nella parte profonda del cervello (non dimentichiamoci che i branchi hanno un[‘]alfa…), che ci vorranno ancora secoli (?) di evoluzione, non solo culturale e sociale, per riuscire ad eliminarlo.
E, comunque, al solito, una sovrastruttura etica (razionale e culturale) sopra a questo che, probabilmente, è un istinto animalesco dovrebbe essere costruita con l’educazione, l’esempio e la punizione e basterebbe basarsi su un unico concetto assolutamente e totalmente banale, come ho sempre detto: il rispetto, nel senso di “considerazione del limite dell’altro, di chi ti sta davanti”. E ancora mi rendo conto quanto il rede Wiccan (“sinché non danneggia nessuno, fà ciò che vuoi”) sia sempre più una regola etica di totale rispetto.

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